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L'ESPRESSO per l'articolo completo vai al sito internet http://espresso.repubblica.it/2009-08-13 Pubblica insicurezza di Riccardo Bocca I tagli dei fondi rendono la vita degli agenti impossibile. E lasciano i cittadini senza protezione. Mentre partono le ronde, ecco in quali condizioni opera la polizia italiana
Ci sono due parole che irritano profondamente i poliziotti italiani. La prima è 'ronde': le cosiddette associazioni di volontari per la sicurezza. Quelle tanto apprezzate dal ministero dell'Interno, e che stanno per pattugliare le nostre città (sperando non finisca sempre come a Massa, dove lo scorso 26 luglio una ronda di destra e una di sinistra si sono a prese a pugni e seggiolate). La seconda parola sgradita, invece, è 'militari'. Almeno quelli utilizzati, da circa un anno, per arginare la delinquenza urbana. Secondo il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, è merito loro se in certi quartieri i reati sono diminuiti del 40 per cento. Al contrario, i poliziotti li considerano "perfetti in guerra ma non nell'ordine pubblico". E, per giunta, ironizzano, "dobbiamo fargli da balia". Polemiche su polemiche. È questa la quotidianità degli agenti di pubblica sicurezza. Si dicono dimenticati. Stanchi. Avviliti. E delusi, soprattutto. Come il graduato che parla a ruota libera nei 40 gradi della Palermo estiva. Scuote la testa e spiega come, nel disinteresse generale, sono costretti a lavorare i colleghi che scortano Maria Falcone, sorella dell'icona antimafia Giovanni e divulgatrice della legalità nelle scuole. "Alla signora spetta una protezione di terzo livello, cioè una Lancia K blindata con due uomini armati a bordo", dice, "ma questo non basta a garantirne la sicurezza". Oltre alla minaccia delle cosche, infatti, "c'è da combattere la drammatica condizione del nostro parco automobili". Di recente, ad esempio, "la macchina di Maria Falcone non ce l'ha fatta a uscire dal deposito della caserma: perdeva potenza". E quando è stata sostituita da un'altra vettura, quello stesso giorno, è finita ancora peggio: "Di colpo, lungo la strada, si è rotta l'aria condizionata e si sono bloccati i finestrini, trasformando l'abitacolo in un forno e obbligando la scorta a chiedere rinforzi".
"Assurdo ma frequente", confermano altri agenti. Lo sa bene il magistrato Anna Maria Palma, capo di gabinetto alla Presidenza del Senato, che si è trovata con l'auto della scorta inchiodata sulla Palermo-Messina. E altrettanto bene lo sa il sindaco di Palermo, Diego Cammarata, i cui uomini di protezione hanno dovuto muoversi - causa assenza fondi- anche su una vecchia Punto senza blindatura. "Episodi che altrove farebbero scandalo, mentre in Italia sono diventati normali", dice Felice Romano, segretario generale del Siulp (Sindacato italiano unitario lavoratori di polizia): "Ormai la pubblica sicurezza è allo stremo in ogni parte d'Italia e su ogni fronte operativo: dalle scorte all'antidroga, dai commissariati di zona alle squadre volanti". Non a caso. Sul tavolo, il capo del Siulp ha le carte dei tagli che il governo ha riservato alle forze dell'ordine. Cifre paurose, quando si arriva al capitolo polizia di Stato: 263 milioni 497 mila euro cancellati nel 2009. Altri 283 milioni levati nel 2010. Ulteriori 492 milioni 726 mila euro eliminati nel 2011. Unica voce incoraggiante, i 100 milioni destinati alle polizie comunali, che sono un niente rispetto ai complessivi 3 miliardi e mezzo tagliati al comparto Sicurezza e difesa. Morale: da un lato "l'opinione pubblica viene stordita con gli effetti speciali", denuncia il sindacato Uilps, dall'altro si "trascura la gestione ordinaria". Cioè l'indispensabile. Cosa significhi, in concreto, si può vedere a Milano: in teoria il simbolo dell'efficienza padana, in pratica una metropoli dove la polizia è in ginocchio. Basti pensare all'organico bloccato da 18 anni a 3.900 uomini, con una carenza di 50 sovrintendenti e ispettori, 30 funzionari, dieci dirigenti e oltre 500 agenti. Per non parlare delle 487 auto in dotazione alla questura, delle quali 250 ferme per riparazioni che avverranno quando avverranno. O ancora, dei 13 membri del pool antiterrorismo internazionale Digos, costretti a indagare fianco a fianco in un ufficio di 12 metri quadri. "La politica ci aveva promesso più personale, più mezzi, più soldi; ci aveva illuso che da bruchi saremmo diventati farfalle", spiega un agente milanese: "Invece siamo sprofondati in un baratro dove manca tutto: dalle divise alla carta del fax. Fino ai giubbotti antiproiettile, in certi casi scaduti dal '92". Un incubo che si materializza alla caserma Garibaldi di piazza Sant'Ambrogio, dove si trovano gli uffici che gestiscono volanti, scorte e personale. "S'intrufoli al secondo o al terzo piano", suggerisce qualcuno. Ed è una scena sconsolante, quella che appare. Una sequenza di vetri spaccati, bagni con porte mancanti, cumuli di mozziconi e spazzatura, televisori preistorici abbandonati nei corridoi, neon che non si accendono e materassi lerci appoggiati alle pareti. "Da qui parte il degrado", annuisce un sindacalista: "dal nostro quartier generale...". (12 agosto 2009) Poi c'è l'esterno: ossia la parte che tutti i milanesi possono vedere e giudicare. A partire dai 17 commissariati, dei quali solo cinque riescono a garantire volanti per penuria di uomini e auto. "Contenitori di storie grottesche", li chiama chi ci lavora. Senza esagerare. Al commissariato Greco-Turro, ogni giorno confluisce un mare di extracomunitari per i permessi di soggiorno, e ad accoglierlo c'è il bagno dei disabili riadattato a stanzetta per le impronte. Il commissariato Porta Genova, invece, è un ex carcere minorile dove anche i settori aperti al pubblico hanno finestre sbarrate (in barba alle più ovvie norme di sicurezza), mentre il pavimento dell'archivio è pericolosamente piegato sotto a una montagna di fascicoli. "Problemi segnalati e mai risolti", lamentano i poliziotti. Al pari del commissariato Monforte-Vittoria, nel centro storico, gestito a colpi di buona volontà da Edmondo Capecelatro (anche dirigente del Siulp): "Nel 2003", dice, "l'organico prevedeva 99 persone: oggi siamo rimasti in 75, dei quali due ispettori pensionandi, due aggregati fuori sede, 15 assenti in media per ferie o malattia, una decina disseminati tra centralino e altri servizi, sette o otto richiesti ogni giorno per i servizi di ordine pubblico e un'altra decina bloccata negli uffici denunce e passaporti, ai quali va sommato un gruppetto per la burocrazia indispensabile. Risultato: ho circa sette uomini per presidiare una zona con 90 mila residenti. Che razza di sicurezza posso garantire?". Scarsa, risponde lui stesso: anzi scarsissima. Come nella vicina Monza, dove gli agenti della squadra investigativa hanno dovuto attraversare la città in autobus, con i faldoni sottobraccio, perché tutte le auto erano fuori servizio. O come alla Stazione Centrale di Milano, dove l'area di sorveglianza è stata quasi raddoppiata per l'apertura di nuovi spazi, ma senza aggiungere un solo agente alla già misera polizia ferroviaria. Il che può stupire i non addetti ai lavori, ma conferma il contenuto di un appunto riservato a firma Dipartimento di pubblica sicurezza. Due pagine nelle quali si indicano i tagli più pesanti alla polizia di Stato: meno 5,1 milioni di euro per le missioni nazionali, meno 2,3 per quelle all'estero, meno 3,8 per i servizi di pulizia e meno 10,8 per le spese telefoniche. Fino alla batosta conclusiva: 6,2 milioni tagliati agli armamenti, pari a un meno 84,72 per cento. "Tenuto conto di quanto sopra premesso", si legge in calce al documento, "anche quest'anno vi saranno notevoli difficoltà per assicurare alcuni dei servizi particolarmente penalizzati". Di più: "La situazione", scrive il Dipartimento, "è aggravata dal trascinamento di notevoli debiti dei passati esercizi", i quali a quanto pare "non hanno trovato copertura nelle dotazioni di bilancio". Parole chiare. Lapidarie. Sufficienti, insomma, per catalogare automaticamente sotto la voce 'uscite infelici' quella di Renato Brunetta, ministro della Funzione pubblica, secondo cui il guaio della polizia è di avere troppi "panzoni" dietro le scrivanie e pochi Rambo in strada: dichiarazione dello scorso 28 maggio, poi rimediata con scuse generiche. "Una visione distorta della realtà", la chiama uno dei sovrappeso sotto accusa: "Non siamo noi poliziotti da ufficio a essere scadenti, ma le strumentazioni che abbiamo e le strutture in cui operiamo". Caso esemplare, in questo senso, è la sede della polizia postale di viale Trastevere, a Roma, nella quale si combattono crimini tutt'altro che secondari come la pedofilia on line. Al primo piano del palazzo, solo in teoria inaccessibile agli estranei, gli uffici operativi hanno vetri blindati che non si possono aprire: "Neanche se scoppia un incendio", testimoniano i dipendenti: "Inoltre, l'areazione è quasi sempre rotta, tant'è che una collega è svenuta dal caldo". Quanto all'aspetto investigativo, "il 30 per cento dei computer risale a fine anni '90: quindi è obsoleto, lento ed esposto ad hackeraggi". Ragione per cui gli agenti, stufi di chiedere e non ricevere, si arrangiano portando avanti e indietro da casa i loro personal, "con comprensibili timori per la riservatezza dei dati". (12 agosto 2009) Dopodiché tutto è possibile, nell'Italia delle polemiche. Si può sostenere, come ha fatto il ministro dell'Interno Roberto Maroni, che nel bilancio 2009 la polizia ha avuto circa il 10 per cento in più rispetto all'anno precedente per le spese correnti ("Tralasciando di specificare che non si tratta di uno stanziamento aggiuntivo, ma del tentativo di sanare i buchi pregressi, più le somme per pagare gli aumenti contrattuali decisi dal governo Prodi", contestano i sindacalisti). "Si può anche continuare ad appoggiarsi sulla nostra voglia di sacrificio", provocano gli agenti, "sorvolando sugli stipendi che ci vengono pagati in ritardo". Ma certo colpisce sapere che nella capitale il commissariato Tuscolano ha solo una volante per un'area affollata da 500 mila abitanti. Dispiace sentire che, in occasione dell'ultimo G8, decine di poliziotti sono stati per ore sull'autostrada Roma-L'Aquila, senza ricevere un bicchiere d'acqua o un panino. E ancora più pesante, per il morale degli agenti di polizia, è stato quanto accaduto durante le vacanze pasquali a Napoli del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. "Una volta arrivati", riferisce chi c'era, "il seguito dei carabinieri ha dormito al Grand hotel Oriente, quattro stelle nel cuore della città". Per i poliziotti, invece, il budget non prevedeva l'albergo: né ad alto né a basso costo. "Li hanno portati in convento". E qui si torna al punto di partenza: alla dedizione degli agenti, che nel 2009 "ha consentito di ridurre la delittuosità dell'11,4 per cento rispetto al 2008", usando le parole del capo della polizia Antonio Manganelli, ma anche alla penuria di finanziamenti e personale diffusa sul territorio italiano. Allarmante, per dire, è la segnalazione del Silp (Sindacato italiano lavoratori polizia) riguardo al porto di Genova, dove "a fronte di un organico di 305 unità previsto nel 1989, operano attualmente 178 agenti": il che significa che quattro poliziotti, in un giorno, hanno dovuto controllare 1.600 passeggeri. Altrettanto condivisibili sono le preoccupazioni della polizia stradale per il comprensorio Forlì-Cesena, dove gli agenti hanno denunciato al Dipartimento di pubblica sicurezza lo "scarso livello di sicurezza" e le "sporadiche pattuglie presenti". Per non parlare di Perugia, con i poliziotti mortificati dalla "carenza di scarpe, divise e automezzi". O dell'ufficio immigrazione di Modena, dotato di 31 agenti per "gestire quasi 80 mila stranieri". O ancora, dei poliziotti in servizio nella nuovissima sede di Fiumicino, costretti a pietire il toner delle stampanti al gestore dell'aeroporto. "Piccole cose, certo, ma enormi se accumulate una sull'altra", commenta Vittorio Costantini, segretario provinciale Siulp a Palermo. Una frase che ripete spesso, mostrando di persona le emergenze della sua città, dalle scorte in poi. C'è il commissariato di Brancaccio, zona ad altissima densità criminale, dove la mafia si combatte con un'unica volante e una sede che cade a pezzi: talmente vulnerabile da avere subìto l'assedio di familiari dei malavitosi arrestati. C'è il reparto a cavallo nel parco della Favorita, cruciale per i servizi antidroga e antistupri, che su otto animali ne ha due troppo anziani e due non montabili per tare caratteriali (dettagli sconcertanti quanto gli spogliatoi a ridosso della fogna, o i container sfondati che dovevano sostituire i vecchi uffici). E c'è, ancora una volta, il delirio dell'ufficio immigrazione, con 6 mila domande di permesso di soggiorno arretrate, un ex magazzino accanto (in uso alla questura) infarcito di topi e un cortile sommerso dalla spazzatura. Ma la tappa più avvilente, e importante, è quella successiva: lo sfogo di due agenti della squadra mobile al tavolino di un bar. Poliziotti pieni di rabbia non per le 90 mila ore di arretrati non pagate, ma per l'impossibilità di battersi ad armi pari contro Cosa nostra. "Dopo i tagli ai finanziamenti", spiegano, "ci hanno chiesto di indagare soltanto all'interno della città. Mai fuori, senza eccezioni. Anche se tutti sanno che le famiglie dei boss si annidano nelle province". Una beffa ai danni degli italiani, la definiscono. Un colpo basso per quei poliziotti che si dedicano giorno e notte all'antimafia. "In altre parole: il più bel regalo che lo Stato potesse fare agli eredi di Riina e Provenzano". (12 agosto 2009)
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